
- Scritto da: Vito Di Trapani
- 31 Mar. 2020
- Approfondimenti
Con il DPCM 8.3.2020 (art. 1 c. 1 lett. e) il Governo ha incentivato datori di lavoro privati e pubblici della cd. “zona rossa” “a promuovere la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e ferie”, ferma restando la possibilità di adottare le modalità di lavoro in smartworking (art. 2 c. 1 lett. r).
La misura è stata estesa a tutto il territorio nazionale con successivo DPCM 11.3.2020, il quale ha espressamente “raccomandato” che: “a) sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza; b) siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché’ gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva; […] 10) Per tutte le attività non sospese si invita al massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile.” (art. 1, comma 7).
Infine, con DPCM 22.03.2020 (art. 1 c. 3), si è prescritto, per le attività non sospese, il rispetto dei contenuti “del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali”.
Ci si chiede in quali termini la normativa d’emergenza possa incidere sulle ferie, che, normalmente, costituiscono un diritto dei lavoratori, il cui periodo di fruizione viene però individuato dal datore di lavoro (art. 2109 c.c.), nell’esercizio del suo potere di organizzazione, tenendo conto “delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”, di talché la determinazione unilaterale del periodo di godimento da parte del datore di lavoro risulta illegittima allorché non vi siano comprovate esigenze organizzative e aziendali, e non si tenga conto dell’interesse dei lavoratori.
Le indicazioni contenute nei menzionati DPCM – al di là di ogni valutazione in merito al rapporto tra le fonti normative – non paiono stravolgere le disposizioni ordinarie, né tantomeno aver introdotto un potere unilaterale del datore di lavoro di collocare i dipendenti in ferie forzate.
Dal dato letterale della decretazione d’emergenza, è evidente che il Governo si è limitato a “raccomandare” di “promuovere” e di “incentivare” le ferie, di talché non risulta previsto un diritto/potere di “imporre” unilateralmente la fruizione delle ferie. Di conseguenza, il ricorso all’istituto dovrà sempre essere gestito di comune accordo con il dipendente, al fine di evitarne un utilizzo improprio.
In secondo luogo, nel DPCM 11.03.2020 l’impiego delle ferie risulta raccomandato in second’ordine rispetto al ricorso al lavoro agile (di cui si raccomanda “il massimo utilizzo”, con previsione rafforzata al successivo n. 10), ciò che confermerebbe la volontà di ricorrente all’istituto in via residuale, da impiegare quando gli altri mezzi a disposizione siano insufficienti.
Ad ulteriore conferma di un tanto, nel Protocollo d’intesa tra le parti sociali siglato il 14.3.2020 tra CGIL CISL, UIL, Confindustra e Confapi, all’art. 8 è stato previsto di “utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali […] generalmente finalizzati a consentire l’astensione dal lavoro senza perdita della retribuzione”, e pertanto di ricorrere all’impiego delle ferie (rectius dei “periodi di ferie arretrati e non ancora fruiti”) solo nel caso in cui l’utilizzo degli altri istituti “non risulti sufficiente”.
Di conseguenza, laddove l’attività dei dipendenti possa essere svolta in regime di smart working, la scelta di procedere ugualmente con l’imposizione delle ferie può ritenersi in contrasto con la ratio dei provvedimenti adottati, e costituirne un abuso, finalizzato allo smaltimento delle ferie arretrate, per ridurre i costi aziendali, ovvero ad una pianificazione dell’attività aziendale che obblighi il personale ad una presenza massiccia in vista di un’auspicabile ripresa, ma a discapito degli interessi e delle esigenze dei lavoratori.
LIn ogni caso, qualora sia impossibile ricorrere a strumenti alternativi, la richiesta datoriale di fruizione delle ferie dovrà riguardare quelle già maturate, e non quelle maturande, in ordine alle quali si dovrà tener conto delle esigenze e del consenso dei dipendenti, in analogia alla previsione (spesso invocata a sostegno del potere unilaterale di collocazione in ferie) di cui al Decreto del Ministero dell’Economia e della Finanze 1.8.2014 n. 83473 (che obbliga l’impresa “allo scopo di fruire dei trattamenti di integrazione salariale in deroga” ad utilizzare preventivamente “gli strumenti ordinari di flessibilità, ivi inclusa la fruizione delle ferie residue”).