
- Scritto da: dante16-admin
- 05 Dic. 2019
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Con la recente sentenza n. 31137 del 28 novembre 2019, la Corte di Cassazione ha affermato che per la fruizione del buono pasto nei giorni in cui la lavoratrice è in permesso per allattamento nel primo anno di vita del bambino, occorre che la prestazione lavorativa abbia una durata superiore alle 6 ore e che le ore di permesso non rientrino assolutamente nel computo delle 6 ore ai fini del godimento di tale buono che ha natura assistenziale e non retributiva.
Questa la massima:
Nel pubblico impiego contrattualizzato l’effettuazione della pausa pranzo è condizione per l’attribuzione del buono pasto e tale effettuazione, a sua volta presuppone, come regola generale, che il lavoratore osservi in concreto un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore (oppure altro orario superiore minimo indicato dalla contrattazione collettiva), sicché la suddetta attribuzione compete solo per le giornate in cui si verifichino le suindicate condizioni (art. 8, D.Lgs. n. 66 del 2003). Del resto, l’istituto dei buoni pasto è stato introdotto nel nostro ordinamento per favorire l’estensione dell’orario di lavoro europeo nelle Amministrazioni pubbliche nazionali, onde incrementarne l’efficienza, la fruibilità dei servizi, i rapporti interni ed esterni. Ne consegue che i buoni pasto non possono essere attribuiti ai lavoratori che nella qualità di destinatari delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità contenute nel D.Lgs.vo n. 151 del 2001 osservano in concreto un orario giornaliero effettivo inferiore alle suddette sei ore. Infatti, con riguardo ai buoni pasto, non può valere l’equiparazione dei periodi di riposo di cui al comma 1 dell’art. 39 del D.Lgs.vo n. 151 del 2001 alle ore lavorative, come si desume agevolmente dal comma 2 dello stesso art. 39, ove si precisa che la suddetta equiparazione vale “agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro”. L’attribuzione dei buoni pasto, non riguarda né la durata né la retribuzione del lavoro essendo finalizzata a compensare l’estensione dell’orario lavorativo disposta dalla P.A. (per le suindicate finalità) con una agevolazione di carattere assistenziale diretta a consentire agli interessati il recupero delle proprie energie psico-fisiche.