Un complesso caso di responsabilità sanitaria: la Cassazione mette i paletti su un aspetto nuovo e su altri di particolare rilevanza (Cassazione Sez. 3^ n. 5475 del 22.02.2023)

L’occasione è data da un caso di infezione di origine nosocomiale che ebbe a colpire il paziente a seguito dell’intervento chirurgico di osteosintesi eseguito da un medico operante presso una casa di cura.
La prima questione affrontata dalla Suprema Corte è il rapporto che intercorre tra la domanda di graduazione delle responsabilità tra struttura ospitante e medico e l’azione di regresso. I giudici precisano che se non vi è la proposizione di alcuna azione di regresso, né da parte del medico, né dalla casa di cura, il giudice non ha alcun dovere (né potere) di pronunciarsi sulla graduazione delle colpe. La sentenza prosegue riaffermando il principio del vincolo di solidarietà tra i soggetti (nel caso medico e casa di cura) che hanno concorso nella condotta illecita originante il diritto al ristoro risarcitorio. Il danneggiato, pertanto, può pretendere per intero il risarcimento da entrambi i coobbligati, mentre la graduazione della colpa, che incide sul quantum dovuto da ciascuno dei responsabili, rileva solo al fine della ripartizione interna tra di loro e dev’essere azionata in via di regresso, da chi vuol farla valere.
Altra questione affrontata è relativa ai criteri di quantificazione dei danni in materia di responsabilità sanitaria. La sentenza, a fronte della denuncia di un contrasto tra tabella predisposta presso il Tribunale di Milano ed i più accreditati e moderni testi di valutazione del danno biologico permanente, ribadisce la validità ed applicabilità delle tabelle milanesi per la valutazione del danno biologico in tema di responsabilità medica, e più in generale di responsabilità civile in tema di risarcimento del danno non patrimoniale (salva il sottosistema rappresentato dalle lesioni di lieve entità, ossia fino al 9%, in abito r.c. auto). All’uopo non manca il richiamo all’efficacia “paranormativa” riconosciuta giurisprudenza della Corte alle tabelle in parola.
In ultimo, La Corte affronta una questione con profili di novità in tema di prescrizione dei diritti dell’assicurato nei confronti dell’assicuratore della sua responsabilità professionale. Più precisamente la decisione viene assunta per individuare l’inizio del decorso della prescrizione. Il medico assumeva che la richiesta risarcitoria (costituente il momento da cui parte il computo del termine di prescrizione del diritto alla garanzia), indirizzatagli dal danneggiato presso la casa di cura ove esercitava la propria attività lavorativa, non poteva ritenersi da lui conosciuta (secondo il meccanismo presuntivo previsto dall’art. 1335 c.c.), “atteso” – e qui sta l’originalità e novità della questione – “l’evidente conflitto di interessi esistente” tra il medico e la medesima casa di cura “in relazione alla rivendicazione risarcitoria” del danneggiato.
La Corte risolve la questione su un piano eminentemente pratico e strettamente legato agli elementi processuali propri del caso esaminato. Infatti, dopo aver statuito che la richiesta di risarcimento inoltrata dal danneggiato al medico presso la struttura sanitaria in cui lo stesso svolge le sue prestazioni è corretta in quanto luogo idoneo a “consentirgli la ricezione dell’atto e la possibilità di conoscenza del relativo contenuto”, rileva che la presenza di un potenziale conflitto di interessi con la struttura, in relazione ad un eventuale concorso di colpa, ove non sia già concretamente emerso tra le parti prima della ricezione della pretesa risarcitoria, non ne inficia la piena validità.
A questo punto, come diceva quello, la domanda sorge spontanea: a quali conclusioni si sarebbe giunti nel diverso caso in cui il conflitto di interessi tra medico e casa di cura fosse stato sorretto da fatti comprovati? Si pensi all’ipotesi in cui la richiesta risarcitoria venga prima rivolta alla struttura sanitaria e successivamente indirizzata al medico presso la struttura medesima. A riguardo varrà ricordare che l’art. 13 della Legge Gelli ha introdotto per le strutture sanitarie, sia pubbliche sia private, nonché per gli eventuali assicuratori delle stesse, l’obbligo di comunicare agli esercenti la professione l’instaurazione del giudizio promosso dal danneggiato oppure l’avvio di trattative stragiudiziali con lo stesso. Che la disciplina in tema di rivalsa e di responsabilità amministrativa sia strettamente collegata con il menzionato obbligo di comunicazione è rilievo comune alla dottrina e alla giurisprudenza. Questo stretto collegamento non è forse idoneo ad integrare il conflitto di interessi a cui si accennava sopra?
2023 02 22 n 05475 intervento osteosintesi